La verità del Verena negli archivi militari
LE RAGIONI DEL DISASTRO IN UN GRAVE DIFETTO DELLA PROGETTAZIONE. Il giovane storico Leonardo Malatesta ha messo in luce come l’edificio fu pensato per resistere ad una artiglieria meno moderna rispetto a quella di cui erano dotati i nemici.
A narrare dei tragici fatti d’inizio guerra nei quali fu coinvolto il Verena è la pubblicazione di un giovane storico vicentino, Leonardo Malatesta, intitolata “Il dramma del forte Verena: 12 giugno 1915. Nel 90° anniversario della distruzione del forte Verena le sconvolgenti verità provenienti dagli archivi militari” (Temi Editrice, pag. 236, euro 20).
Malatesta, già autore di numerosi saggi brevi e del volume La guerra dei forti, si occupa della storia militare italiana e tedesca dal 1848 ai giorni nostri. La sua ultima pubblicazione, aperta dalla prefazione di Marco Grandi, docente di Storia contemporanea all’Università di Genova, e arricchita da un apparato fotografico e cartografico inedito, tratta della politica fortificatoria italiana, dei concetti costruttivi, delle artiglierie ed infine della storia bellica del forte Verena, considerato all’epoca la maggiore fortificazione italiana. Un gigante d’argilla, in realtà, visto che era stato costruito non seguendo lo sviluppo delle moderne artiglierie austroungariche.
Malatesta, sono dunque queste le sconvolgenti verità?
«La realtà che emerge dagli archivi è inequivocabile, e chiama in causa la totale inefficienza dei comandi militari italiani che progettarono i forti coinvolti negli avvenimenti bellici della 1ª Guerra mondiale: tutte le fortificazioni seguivano i dettami tecnici ideati dal generale del genio Enrico Rocchi nel 1898, periodo nel quale non c’erano i mortai e gli obici di grosso calibro. I forti italiani potevano resistere ed erano stati testati per calibri fino a 150 mm, non per i 305. Solo grazie all’utilizzo di nuova documentazione si è scoperta la verità alle origini del dramma del forte Verena, dato che a partire dal primo dopoguerra si era diffusa la voce, falsa, che ci fosse stata una fessura nella copertura ed il proiettile, una volta arrivato sulla stessa, fosse rotolato fino a cadere all’interno del forte dove era scoppiato».
Quali fonti ha consultato per giungere a queste conclusioni?
«Il volume è basato su fonti archivistiche degli archivi militari di Roma, fino ad ora sconosciute agli studiosi. Inoltre ho utilizzato documentazione proveniente da archivi privati di alti ufficiali del genio militare, oltre a tutte le testimonianze dell’epoca che parlano dell’evento, comprese le lettere che il comandante del forte, il capitano Trucchetti, inviò alla famiglia fino al tragico 12 giugno».
Che ruolo aveva il Verena nel contesto del fronte vicentino?
«Era considerato, né più né meno, la maggiore opera italiana alla frontiera con l’Austria, tanto che si fregiava del titolo di “Dominatore degli Altipiani”. Aveva un compito difensivo, vista anche la sua collocazione geografica a 2019 metri di altitudine: controllare le provenienze dal vicino confine e battere le opere corazzate avversarie di Spitz Verle, Busa Verle e Luserna. Una missione completamente fallita: dopo essere stato distrutto venne disarmato nei primi giorni del luglio 1915».
In alto: La copertina del libro
Qui in basso: Alcune immagini delle distruzioni subite dal Forte Verena